Il nostro progetto «shapers around the world» è approdato oltreoceano. In un batter d’occhio ci ritroviamo faccia a faccia con Phil Grace, storico co-fondatore di QuikSilver ed attuale shaper Euroglass, board-factory che ospita alcuni dei migliori shaper al mondo tra cui: Christian Bradley, Mark Phipps, Mark Richards e Simon Anderson.

Una vita da shaper, quasi sessant’anni di esperienza attraverso gli occhi azzurri di chi ha vissuto l’evolversi di della storia del surf in tutto il mondo tra spot sconosciuti, prime competizioni e primi prototipi di tavole surf poi diventate iconiche. Phil vive tra l’Australia e la Francia dove, per circa otto mesi l’anno, sagoma tavole Euroglass.

Il motivo per cui le chiamiamo leggende

Capire che tipo di persona è Phil Grace è facilmente intuibile quando alla richiesta di una chiacchierata con noi risponde con: «Ma certo! Chiamami quando vuoi, se non rispondo probabilmente sto surfando o sono sopra la mia motocilcetta».

Mi lascia il suo numero per accordare una data per l’intervista. Sudo un po’ mentre gli scrivo un normalissimo whatsapp.

«Hey Phil! It’s Silvia here». Cancello, troppo colloquiale.
«Goodmorning Phil, It’s Silvia». Cancello, troppo formale.

Sono le sei di mattina quando prendo il telefono e compongo il suo numero per iniziare l’intervista. In pochi istanti eccolo là. Phil Grace. La leggenda. “Gracie” per gli affezionati. Persona incredibile, anima libera. Stentiamo a credere di averlo veramente davanti, il suo sorriso ci mette profondamente a nostro agio.

Proviamo con tutte le nostre capacità a raccontarvi la storia di questa energia travolgente.

“Lucky” è la parola che dice più spesso quando parla di sé stesso e della sua vita. “Fortunato”, che bella parola; anche noi ci sentiamo fortunati a poter ascoltare di persona la voce di chi ha vissuto la storia del surf dai suoi albori fino ai giorni nostri.

«Sono lusingato ragazzi, ma io solo uno dei tanti», prosegue «ho avuto solo la fortuna di esserci nel momento migliore della storia del surf». “Solo”, un termine che utilizza con naturalezza ma che continua a risuonare nelle nostre teste incredule.

Proviamo a portarvi con noi dentro a questo viaggio che inizia nei lontani anni ’60.

Gli occhi di Phil Grace emanano una profonda calma e serenità che riesce a trasmettere attraverso un ipnotico effetto placebo. L’essenza della cultura surfista attraversa gli anni ’60-’80, quando, ci racconta Phil, i surfer erano davvero pochi e gli spot più famosi del mondo sovrastati dalla natura incontrollata.

«Oh Dio, vorrei tanto poter ritornare negli anni ’70-’80 quando la maggior parte dei posti non erano affollati e gli spot più famosi circondati dalla natura selvaggia, era così bello».

Negli anni ’60 il surf diventa un fenomeno culturale di massa, i Beach Boys suonano alla radio, il design delle tavole comincia ad evolversi in maniera sempre più avanzata, nascono le prime competizioni, i surfisti iniziano ad esplorare gli spot di tutto il mondo alla ricerca di onde sempre più impegnative.

Il popolo del surf inizia a crescere e la cultura ad essere tramandata di generazione in generazione. È una silenziosa rivoluzione che non si fermerà mai più. Chiudendo gli occhi inizi a sentirla e a vederla questa rivoluzione, è come un masso che inizia a rotolare per non fermarsi mai più, come in un livello di Crash Bandicoot.

Long life Gracie!

Riusciamo a porgere a Phil la sua immagine stampata su una vecchia intervista della storica rivista Surf Latino, corre l’anno 2001. Fatica a riconoscersi, ma dopo qualche esitazione esclama divertito:

«Dio, devono aver messo là sopra qualcuno che mi somiglia tanto!». Ride.

Sono passati ben 22 anni da quell’intervista, in cui Phil racconta la sua esperienza come shaper di Gary Elkerton, prodigioso surfista australiano, tre volte campione del mondo master. Il tempo insieme a Phil scorre alla velocità della luce ma prima di salutarlo riusciamo persino a fare un tour virtuale della sua shape room.

Sorride divertito nel dirci che la parte migliore del suo lavoro è testare i prodotti che lui stesso crea. «Sono abbastanza fortunato nel lavorare facendo qualcosa che mi piace fare. Non ho scuse, faccio tavole da surf! Questo significa che devo testare i prodotti!». Sorride compiaciuto. E noi insieme a lui.

La sua tavola di punta si chiama Demibu, un vero bestseller.

Quando si parla di Phil Grace, ecco venire in mente le lunghe tavole old school anni ’60, di cui lo shaper australiano ha fatto la sua specialità: surfboards che abbracciano le linee sinuose del tipico surf vecchia scuola.

Ma come evocare Grace senza parlare di Demibu? Questo modello di punta marchiato “Gracie” è la sua tavola più famosa. Di base, inizialmente, Gracie voleva rendersi la vita più facile: per far entrare una tavola divertente e larga nella sua auto ha ben pensato di tagliare a metà un longboard. Il risultato? Una tavola per godersi i piaceri della vita. Perfetta per onde da piccole a mediograndi, questa tavola incarna la ricetta per la felicità.

Demibu è un vero crossover che permette di avere maggior potenza in remata anche sulle onde più morbide ed un ottima manovrabilità anche nelle sezioni più critiche dell’onda. Che tu sia un principiante o un esperto, Demibu è una tavola che non può deluderti.

Phil ironizza sulla speciale composizione chimica dell’acqua salata che, ci spiega, è capace di migliorare esponenzialmente il nostro umore. «Un mio amico una volta mi ha detto che c’è un elemento nell’acqua salata, di cui non ricordo il nome, che ti fa immediatamente sentire bene. È come una droga, ti siedi là fuori e stai benissimo anche se le onde sono brutte». Questa faccenda ci suona familiare. Ridiamo complici. Ci sentiamo compresi.

È incredibile ma Phil ricorda con minuzia di dettagli tantissimi spot in cui ha surfato in Italia, non dimentica nessuno degli amici incontrati tra cui spiccano Diddo, lo storico proprietario del negozio Surfspot di Cagliari e Dr. ank, shaper toscano. Richiama alla memoria con particolare divertimento i giorni trascorsi tra party, bbq, pizza e, a suo dire, ottima birra. Ah, la birra. Elisir d’amicizia e filo conduttore di questa triade di incontri che, da Fisio a Mark G, ci hanno portato a Phil Grace.

Più passiamo il tempo con Phil, e più ci sentiamo come con un amico di vecchia data. Ma non uno qualunque. Uno speciale quanto il primo compagno di banco alle elementari. Voi ve lo ricordate?

A coloro che vogliono vivere a pieno questo mondo consiglia di trovare un lavoro vicino allo spot, possibilmente in smartworking. A noi parrebbe un ottima soluzione, al nostro capo meno.

Alla fine della chiacchierata Phil ci invita ad andare a trovarlo. Non mancheremo di accettare l’invito con l’augurio di poter avere l’onore di prendere qualche onda insieme. Intanto, lo ringraziamo immensamente per la sua profonda umiltà, umanità ed esperienza.

Grazie Phil.

A proposito, questo articolo è dedicato al mio compagno di banco delle elementari, Giomaria, senza il quale Trickster Troupe non avrebbe, letteralmente, lo stesso senso! Bella Gio.